Ogni goccia è mare #10: Antonino Caponnetto

de chirico piazza d'italia.jpg
Giorgio de Chirico, Piazza d’Italia con sole spento

 

Postazione permanente contro il femminicidio e la violenza di genere.

 

MILLE SOLI SI SPENGONO
quando una donna è mortalmente offesa
quando violenza oscenità follia
ne insudiciano il corpo
ne sfregiano e percuotono la mente
mille stelle si oscurano
quando contro di lei, giorno per giorno,
la tirannia malata
d’un maschio non più uomo, lui, che in fondo
odia se stesso e quelli del suo branco,
contro di lei, femmina madre donna,
senza sosta imperversa,
senza ragione. E d’improvviso uccide
in lei speranze e sogni.
Ogni bellezza in lei non ha più casa
ogni cosa è mutata nel suo opposto
ogni ferita è silenziosa colpa,
voglia di morte, odio senza fine.
Ma durerà per sempre tutto questo?

Di nuovo tu sarai
femmina madre donna, ancora e sempre
portatrice di vita, di bellezza
sorgente dell’amore quando il mondo
debellerà quel virus che lo uccide

adesso, qui, nel più nero dei giorni.

 

Antonino Caponnetto, da: Il sogno necessario (Niente guardiani, prego, alla Parola), Pellicano, Roma 2017

 

(articolo a cura di Patrizia Sardisco)

(foto: fonte web)

Ogni goccia è mare #10: Antonino Caponnetto

Antonino Caponnetto, poesie da ”Il sogno necessario”

Il sogno necessario

 

PRIMO RICORDO: IL CHIARO BLU DEL CIELO.
Poi tanti volti dallo sguardo amico,
volti neri di sole, sorridono al bambino.

Infanzia e giovinezza, eterno tempo
della mia terra antica e d’una estate
enorme a quell’età, senza confini.

Nell’aranceto le lucenti foglie
verdi sfioravo appena con le dita.
Porto in me quell’estate
chiusa nella mia vita.

Altre estati, altri luoghi, e le battaglie
per sapere me stesso in mezzo ad altri.
Ma in quell’eterna estate
è il mio stare nel mondo.

Nei colori del mare, fondo abisso che ingoia
come un orco famelico i corpi dei fuggiti,
nei colori del cielo è quell’estate,

eterna come è solo la pace
per l’anima di chi per acqua muore.
Nella luce che acceca
la pupilla dei vivi.

***

 

SE DOVESSI PARTIRMENE DOMANI
vorrei tu non piangessi troppo a lungo
ma che in te mi serbassi nel ricordo
ridente d’una vita lunga un giorno
un lunghissimo giorno luminoso

***

 

NEI COLORI D’UN MONDO CIRCOSCRITTO
inattesa bellezza ci colpisce,
mutevole stupore d’un paesaggio
minimo, incide come un lampo il cuore
e vivrà in noi finché saremo vivi.

Vedette insonni, alcuni fra gli umani,
allibiscono d’un felice istante
insieme ad altri, i camminatori eterni,
cercatori del bello il giusto il buono,
che sorridendo in sé, fra poco andranno.

La meta loro è la periferia
del mondo, focolaio
di guerre e malattie, di caccia all’uomo,
di stermini invisibili e sottili,
avamposto a difesa d’ogni persecuzione.

Madrepatria degli ultimi,
riparo agli esiliati,
centro d’ogni travaglio singolo e collettivo.
Vedette e camminanti sono artisti e poeti.
Ovunque stiano insieme, il mondo canta e muta.

***

 

L’ALTRO CHE VIVE IN ME, UNA VOLTA ANCORA
è preda di un dolore pretestuoso
e ne approfitta per colpire basso.
Gli sfuggirò cercando vie traverse,
le sole che conosco, per cui amo.

Ma, cari amici miei, non c’è al momento
che un po’ di me per tutti quanti voi.
Quello che vado meditando adesso
è confuso nel fumo nauseabondo
di tante lunghe sigarette inglesi.

Certe felicità che non conosco,
e che al futuro vanno coniugate,
dai fondi di caffè di tanto in tanto
provo a vaticinare, ma ogni volta
quello che vedo già vive nell’Altro.

Stipulare un accordo, essere Uno?
È necessario a entrambi, o moriremo.

***

 

CON ME TI PORTO AMORE COME UN TEMPO
quando nel caos di enormi
fiumi di gente eternamente in fuga
ti nascondevo agli indiscreti sguardi
dei delatori con il mio cappotto.

 

Ho baciato la terra su cui insieme
siamo sbarcati amore come tutti
gli scampati alla morte
come chi sa per certo che il naufragio
cambia la poca vita che ci resta.

 

Arderà in qualche cuore
oltre noi stessi sempre nuovo il fuoco
e tu vivrai amore in tutti quelli
che senza avere patria né bandiera
ai demoni del nulla dicono: voi non siete!

 

***

Scrivo e mi chiedo può la litania
di questa irrilevante poesia
sollecitare la coscienza umana
a venirsene fuori dalla tana?

Certo che no mi dico e tuttavia
compongo versi in prolungata algia
poi vado fuori ma non c’è nessuno
nelle piazze né plebe né tribuno

*

Post-it all’Autore:

Come già ti ho scritto altrove, carissimo Caponnetto, avevo letto questo tuo nuovo lavoro la scorsa estate: non ti dissi alcunché, allora, perché ho avuto bisogno di un tempo gestativo che mi consentisse di prenderne le giuste vicinanze riconoscendolo differente e altro rispetto alle tue precedenti produzioni.

Un libro complesso, ricco; corposo quanto basta per non essere ”passatempo”, per non essere ”cura” (così intendo le mie letture) di un pomeriggio. La mia voracità poetica ha dovuto pazientare, sorbire pian piano: e, ancor di più, c’è stata per me la necessità di una seconda e più ferma lettura.

Sono dunque tornata al Sogno necessario in tempi recenti e, con una diversa predisposizione e confidenza, mi sono introdotta in questo fiume: di poesie, considerazioni, aneliti, corpi, barche e derive; dell’uomo scrivente senziente e partecipativo di dimensioni humanae e poetiche non soggette a percorsi stabiliti, caratterizzati da improvvise battute d’arresto. Se in Agonie della luce*, il tuo precedente lavoro editoriale, ho ritrovato il Poeta che malinconia e ironia impasta in una tenuta serratissima di sentimento e verso, qui è rabbia che emerge, spesso striata di impotenza, di sarcasmo.  Testi stesi in prima persona: non aderenti a una pervasività di senso umano/umanitario, né a una mera quanto volatile immedesimazione in sorti talora sfortunate e tragiche: è il vivere, l’essere, il consegnarsi a una umanità (sulla scorta del terenziano humani nihil a me alienum) che fa di tutti gli uomini un corpo solo, consustanziato, la cui unica risorsa è, a conti fatti, la comunanza, la vicinanza: finalmente, la speranza di coabitare spazi geograficamente, socialmente, culturalmente non compromessi da meccanismi aventi vertici prestabiliti, che soffocano e reprimono. Poesia civile? Sì, anche, premettendo che nella mia personale interpretazione tutta la poesia è civile, dell’uomo – cittadino (civisdel mondo nel suo tempo, del proprio essere e riflettersi in tale tempo; dell’uomo inscindibile dallo spazio che lo ospita assieme ad altri uomini nel tessuto intricatissimo di relazioni sociali storiche ecologiche linguistiche politiche; poesia fondata sull’umano in ogni accezione di senso e significato. E poi la Parola: che non vuole guardiani (lo scrivi a chiare lettere, lo annunci: ed è premessa, viatico, punto d’arrivo), che sedimenta dove più a fondo costruiamo appartenenze, che guadagna robustezza alle percezioni, nominandole. La Parola, il Verbum, primo sogno necessario, primo uscire del Sé all’Altro da sé; primo riconoscimento, primo rischio: proprio in virtù dell’andare incontro all’incognita costituita dall’altro-da-me, e quindi prima speranza che quell’atto sappia dirimere la più antica delle solitudini.  Così, leggendo senza aspettative, ovvero leggendo come ogni volta dovrei e non sempre faccio, caro Poeta, capisco cosa sta succedendo in questo tuo libro: in un processo di costante, inarrestabile divenire (le tue Forme del mutamento**… ancora), accordi e raccordi un certo essere in poesia in un fluire armonico di forme e tempi non scadenzati né scadenzabili, dando adito e agio a spunti e considerazioni che, lungi dal lambire i più scontati luoghi comuni, affrontano con pertinacia temi che si rinnovano in ogni attualità con esiti felici che inevitabilmente, coerentemente, richiedono Libertà. Niente guardiani, dunque: Poesia-Lingua-Uomo-Parola-Spazio: un Unus tanto forte quanto inscindibile e necessario.

A.G.

 

*Agonie della luce edito dall’Associazione Culturale Pellicano (Roma, 2015)

** Forme del mutamento edito da Campanotto (Udine 1998)

Antonino Caponnetto
Antonino Caponnetto

Le poesie sopra riportate sono tratte da Il sogno necessarioNiente guardiani, prego alla parola; poesie con testo inglese a fronte, traduzione di Alessandra Bava; Associazione Culturale Pellicano (Roma 2017)

 

(A cura di Alba Gnazi)

Antonino Caponnetto, poesie da ”Il sogno necessario”

Sul Pontile con Antonino Caponnetto

antonio-caponnetto
Antonino Caponnetto

 

 

FIGLIO, QUANDO HO PAURA

(testo inedito)

 

Figlio, quando ho paura

non della mia ma della tua paura,

è segno che il pericolo

per te sono io stesso.

 

Della parte malevola del mondo

conosco molte cose, forse tutte.

Ma pazienza e coraggio abiteranno

da questo istante sempre qui nel cuore.

 

Questo sarà il mio spendermi

per te come per quelli

che mi sono fratelli

o figli a loro modo necessari.

 

Questo sarà il mio dono

al futuro del mondo

affinché dello Spirito qualcosa

rimanga, oltre la polvere cui dovrò ritornare.

 

(27 marzo 2016)

 

 

 

 

***

 

 

MALGRADO I COLPI, LE FERITE, I MORTI

(testo inedito)

 

I

 

Ricoperto di maschere gioviali

avanza il Gran Borioso. Prende posto

fra i tanti addetti al peggio. Viene a dare

la ‘lectio magistralis’ tanto attesa.

 

Il suo machiavellismo è bruto e scaltro.

Sa di sangue, di morte, di tormenti.

Di violenze insondabili, segrete.

 

 

II

 

C’è forse chi già crede che, per questo,

il manto nero della mezzanotte

possa fare più fitte le sue maglie

intorno a nostri corpi solo per caso vivi?

 

Cchiù scuru ’i menzannotti non pò ffari!

Si dice così là dove si parla

giorno per giorno la mia lingua madre.

 

 

III

 

Spetta ai giovani farlo

un fuoco in mezzo al buio?

 

Sì! Ma spetta a noi vecchi

insegnarglielo bene.

 

A illuminare quel che non si vede

a dotarsi di pile di lucerne

di led lanterne fiaccole fanali.

 

Per fare luce in questa mezzanotte,

finché non venga forse il nuovo giorno,

malgrado i colpi, le ferite, i morti.

 

 

IV

 

Dopo, soltanto dopo

potremo riposare.

 

(16 novembre 2015)

 

 

 

 

***

 

 

LONTANO, A SUD

 

 

I

 

Lungo i sottili argini dei fossi

scorre il nastro d’asfalto della strada

di lì si va fino alla piazza grande

 

nel centro della piazza presidiata

stanno gli economisti moltitudine cieca

apatica ai suicidi alle disperazioni

 

in larghissimo cerchio militari

schierati

pronti all’evenienza estrema.

 

II

 

Cuore del campo verde.

Un vecchio legge ‘Krisis’

di Hesse. Ha la mia faccia.

 

Tu, distratta dal vento,

non te ne accorgi, vai.

 

Contrasto dei percorsi.

Strada ignota.

 

In un viavai di folla indaffarata

t’immergi fino a perderti.

 

Domani

dirai che un grande crescere

nessuno può ignorarlo.

 

III

 

Come un dolore indenne alla morfina

si fa enorme lo spazio,

il vuoto fra noi due,

 

mentre lontano, a sud,

l’occhio del sole

guarda scendere il falco sulla preda.

 

 

(12 novembre 2015)

***

 

Due poesie dalla raccolta ”Agonie della luce”, Pellicano 2015

 

 

SENZA TITOLO (p.27)

 

 

 

La verità che tante volte inseguo

è quella inafferrabile

di un dormiveglia quando è quasi l’alba,

perturbante pensiero e desiderio

che il risveglio cancella in un istante.

La cerco sul tuo viso mentre dormi.

E tu ti sveli come un singhiozzo.

Un nodo in gola, un vuoto, una morte.

 

 

 

***

 

 

ISTANTE (p.25)

 

 

 

Occhi a notte scintillano

nel fitto del fogliame

aghi pungenti il buio

come minime stelle

 

Ignara tu soppesi e investi e squarci

le oscurità notturne anticipando

nel gioco il tuo croupier la sua destrezza

purché nessuno il trucco percepisca

 

Tanto a lungo dispersa fai ritorno

finalmente alla brezza meridiana

Un lampo si riflette in questo specchio

d’acque lacustri per un breve istante

 

forte del modo tuo d’esser donna

<<Come si può – ti chiedi – che io cambi

e muoia d’una vita disumana?>>

 

Da tempo il fuoco del tuo antico idioma

arde furente nel ferino cuore

al sangue giunge

scuote ogni fibrilla

 

Ma forse non morrai

Non moriremo

O forse molto

diverremo vecchi

 

 

***

 

Antonino-Caponnetto
Antonino Caponnetto

 

NOTIZIE BIOBIBLIOGRAFICHE

 

Antonino Caponnetto è nato a Catania, dove ha vissuto, salvo una breve pausa romana, fino al 1980. Dal 1981 vive a Mantova. Per l’Editore Campanotto ha pubblicato i due libri di poesie “Forme del mutamento” (1998) e “La colpa del re” (2002). Per le Edizioni Kolibris ha pubblicato la raccolta di versi “Miti per l’uomo solo” (2009). Per l’associazione culturale Pellicano, Roma, nella collana Inediti rari e diversi diretta da Beppe Costa e Igor Costanzo, ha pubblicato la silloge “Agonie della luce” (ottobre 2015). Suoi testi poetici sono stati radiotrasmessi e altri sono apparsi su rivista. Presso le Edizioni del Trito&Ritrito sono inoltre apparse (in limitato numero di copie destinate agli amici), quattro plaquettes: “A che serve?” (2001), “Le chiare strade” (2002), “Contromovenze” (2003) e “Petits cahiers pour la douleur du pauvre” (2005). Per la rivista “Zeta News”, dal 2002 al 2006, ha curato insieme a G. Sammito l’inserto “Atti Barbari”. Sia con altri che in proprio ha inoltre promosso e curato iniziative sulla poesia e, in particolare, sulla scrittura poetica. È presente in rete dal marzo 2012 con il blog Caponnetto-Poesiaperta. Suoi testi poetici, un intervento sulla poesia, due interviste e altro, sono leggibili anche online attraverso vari link. Non mancano le prefazioni e i contributi critici alle opere di giovani e meno giovani poeti.

 

Sul Pontile con Antonino Caponnetto