Lost in: Violeta Savu – Poesie

savu 1
Violeta Savu

Una noce

Ho condiviso una noce con Nora.
Aveva il sapore di una torta
al cioccolato inumidita con spezie
come alla Vigilia di Natale.

C’era anche l’odore della mamma
nella sferica drupa. Dopo
aver sbucciato il nocciolo ho
guardato nella corteccia legnosa.
Forse si scorgeva un’icona.

– Da dove hai preso questa noce?
– L’ho trovata
oggi
alla mamma
vicino alla croce.

Non c’è un albero
di noce
in tutto
il cimitero.

*

 

Adamo ed Eva - Tamara de Lempicka
Adamo ed Eva (part.), Tamara de Lempicka*

 

 

Sono come Sonia!

Lui stava salendo la scala
io stavo seguendo la sua ombra.
Non mi ama perché non soffondo
bellezza. Sono insulsa e nerastra.

Mi saluta dopo aver fatto l’amore.
Sto tirando i miei vestiti con pigri movimenti.
Niente su di noi, qualcosa degli altri.

Si ritira, parla con l’altra
al telefono. Non mi muovo. Prolungo il momento
tra l’ispirazione e l’espirazione. Dietro di me
lui risponde: „tantissimo”. Intuisco
la domanda della donna: „mi ami?”
„tantissimo”

„mi ami?!”

(Dal volume Da lontano lui mi vide bella)

*

 

Caro suicidio, non ti amo!

Caro suicidio, non tormenti i miei sogni. Ma, posso dire di avere una buona rimembranza di te. Ricordo come ho cercato di incontrarti nel mio primo anno di college. Sono stata bocciata all’ esame nella mia prima sessione, ho litigato con i miei e tornavo da un rendez-vous. Avevo scoperto che il ragazzo di cui ero innamorata amava follemente un’altra… E sappi, caro suicidio, ho provato, ma non sono riuscita ad essere tua amica!

Caro suicidio, non ti amo! E ti ho sconfitto
con una lunga gonna rossa
presa in prestito da una amica. Come potevo gettarmi
nel vuoto se non
indossavo i miei vestiti? La gonna era
fatta di materiale di alta qualità.
Senza alcuna piega, le sue pliche sembravano
onde di un mare in cui
è scesa la lava di un vulcano. Ricordo come ti ho detto.
Caro suicidio,
ti sto rinviando! Ho un incontro estremamente importante.
Devo restituire la gonna rossa
in cui ero vestita quando mi hanno preso
alcuni pensieri simili
con quelli di Esenin Hemingway Maiakovski Heym.
Anch’io avevo un „buco
nel soffitto”, ma come potrei averlo pensato fino in fondo,
come questi uomini,
se stavo indossando una gonna lunga lunga per terra?!
E, da sotto cupola della campana
di vetro uscirono le code di stoffa bruciata, la frangia di Sylvia.
Eppure, caro
suicidio, te lo giuro, ho una buona rimembranza di te.
Ho preso in prestito la gonna
rossa per essere elegante. Per essere bella. Pensando
all’amore. Lui non mi amava.
Mi sentivo brutta e sola. Ho camminato stonata
per le strade e sono entrata accidentalmente
nella scala di un grattacielo. Ho chiamato l’ascensore, una bara
scorrevole, rialzata in piedi. Ho
premuto il tasto 11. Raggiunsi un tetto dove
potevo guardare il panorama
della città. E, caro suicidio, sai cosa ho fatto?
Alzai l’orlo della gonna al cielo,
mi immaginavo che sono croco autunnale girando,
girando. Suicidio,
la tua bellezza inebriante come fiore brina. Fiore
dei morti. Ho visto
davanti agli occhi persone radunate accanto al mio corpo
inanimato. L’errata
identificazione. La mia amica. I genitori. I suoi fratelli e sorelle,
il fidanzato, tutti spaven
tati. All’improvviso ho capito, la sofferenza dei suoi cari
non potrei coprirlo con
la morbidezza delle macchie di sangue stampate sulla gonna
data in prestito. Caro suicidio,
non ti adoro, non ti ammiro, non ti amo! La tua forza
può essere indebolita da
una farfalla di stoffa rossa. Così vaporosa e lunga,
la gonna rossa
ha congiunto il cielo alla terra! Caro suicidio, io no,
non ti amo!

(Dal volume Frange)

*

savu 3
Violeta Savu

Il lamento di Eva

Promettimi
che guarirai la mia cicatrice
che ogni donna nasconde
non per pudore
ma per l’abisso della solitudine

 

*

 

 

Notturno

inginocchiavo nel corpo dell’uomo
come in un tempio pagano
e lui premeva il mio cuore
in una reminiscenza aliena

non ricordo altro che
le belle bugie,
un velluto che avvolgeva
il bacio triviale, il tremore
della tenda prima della scena

un’immagine allungata di un dio
spavaldo lui mi condanna la delicatezza

 

*

 

 

Separazione

con rammarico di ninfa scelta
sarò il tuo ultimo miraggio
una viola traballante
sulle acque di terraferma

 

***

 

savu 2

Notizie biobibliografiche

Violeta Savu (21 febbraio 1973, Bacău), laureata in matematica; è poeta e performer. Membro dell’Unione degli Scrittori dalla Romania; editore della rivista “Ateneu”. Ha pubblicato quattro volumi di poesie: “Rifugi in lirica” (Pallas, 2004), „Atocmiri” (Studion, 2006), “Da lontano lui mi vide bella” (Tracus Arte, 2011) e „Frange” (Tracus Arte, 2016). Nel 2016, al Festival Internazionale di Dramma “Valentin Silvestru”, nella sezione Drammaturgia, vince il Terzo Premio, con lo spettacolo “Clara e Robert. Carta sullo spartito “.  Ha pubblicato poesie e articoli letterari in numerose riviste del paese (“Vitraliu”, “Vatra”, “Famiglia”, “Ex Ponto”, “Poem caffe”, “Poesis international”). Per la rivista Poem caffe ha collaborato anche con delle rassegne cinematografiche. In Poesis International è stato pubblicato un aggruppamento delle sue poesie in inglese, tradotto da Elena Ciobanu. Ha in preparazione un volume drammaturgico che conterrà quattro pezzi di teatro con il titolo “Five Tattoos”.

 *

La traduzione delle poesie qui proposte è opera di Daniela Mărculeţ.

*Fonte immagine T. de Lempicka: web

Photo credits: Mia Nazarie, via Daniela Mărculeţ. 

 

Articolo a cura di Alba Gnazi

Lost in: Violeta Savu – Poesie

LOST IN: POESIE DI DIANA GEACĂR TRADOTTE DA DANIELA MĂRCULEŢ


50734523_584686471958361_3048044054093758464_n

 

Ingrandisci l’immagine e deliziati la vista

 

Sei tu? gli chiedo quando sento due mani
afferrando i miei fianchi mentre porto le borse col cibo.

Come mi hai trovato, Signore? Hai inseguito l’odore forte
di insicurezza? La primavera è il miglior camuffamento. Rimango

immobile, camminando verso casa, per lasciarti prendere
le mie misure per un nuovo costume di carne.

Carne minuscola e veloce come i tuoi pacchetti
di luce.  Blocchi di neve compattata si rompono

dal tetto e ripiombano a terra. Con tutto
questo chiasso non si accorgerebbe nessuno

del rumore intasato che farebbe un corpo
gettato. I tuoi palmi salgono piano

sulla mia schiena e slacciano il reggiseno. I seni ribalzano
sulla strada piena di fanghiglia, facendo sudare gli alberi

sotto la paziente pioggia. Perdonami, Signore, ma non voglio
complicazioni. Anche nel sogno ho iniziato a rifiutare gli uomini.

*

Superpoteri

Si può vivere senza sesso ma non senza contatto, dice
una donna con la pelle rugosa in un programma sulla

salute, mentre raccolgo il bucato nel balcone.
Da quando ho partorito mio marito si è raffreddato


parecchie volte. Io nemmeno una.
La prima cosa che faccio la mattina è di

mettere la fede al mio dito. Passando dalla pelle
perfetta del bambino a quela usurata del partner

è difficile, dice la donna. Mio marito sorride
al bambino poi va nella sua stanza. La pioggia cade

nelle finestre con la furia dei corpi disperati
per entrare. Ho visto i coccodrilli immobili

in acqua mentre venivano confortati
dall’uomo, mostri con pelle repellente,

privi di forza. Mio figlio, che tengo quasi tutto
il tempo tra le mie braccia, allunga una mano dal letto

e dice Aaa. Probabilmente qualche ombra attirò
la sua attenzione. Mi fermo alla soglia con il bucato al petto

quando capisco che mi sorride. La prima cosa
che faccio la mattina è diventare invisibile.


*

Ci crediamo soli, ma la casa è piena

Stiamo per terra sulla coperta su cui mio
padre dormiva e ascoltiamo dischi con racconti –

voci che conosco così bene che
le confondo. Anche il giradischi era suo.

Ripeto le parole, mio figlio ride.
I may never be happy,
but tonight I am content,

scriveva Sylvia Plath all’età di 18 anni nel diario. Ho scritto,
al test di filosofia, che la felicità non può essere

visuta che nella memoria. Sono in camera da letto,
in una poltrona. Sdraiato, mio pare mi dice

che non trova più alcuna gioia. Ha fatto
il trapianto midollare. Nemmeno le piccole gioie, chiedo

con la voce da terapeuta. Mi guarda come se avessi detto
 qualcosa di stupido. In realtà, ha iniziato a chiudere

i suoi conti. Ho scritto molto nel saggio, terrorizzata
a non contraddirmi alla fine, mi hanno diminuito

dieci centesimi. Forse ho dimenticato di mettere una virgola.
Forse avrei dovuto scrivere gratitudine invece di felicità.

*

L’altro lato della Luna

…at the instant I disappear beh
ind the moon, I am alone now, truly alone, and absolutely isolated from any known life. I am it. Michael Collins, astronauta su Apollo 11


Ci sono tre immagini che contengono un così grande segreto
che non avrei capito nemmeno se me lo spiegasse

Morgan Freeman. Ho sognato le prime due.
La terza non la credo nemmeno adesso.

Nella prima resto di notte su una collina e vedo
sul cielo la Terra così vicina e bella che mi ferisce

gli occhi. Nella seconda sono su un campo fangoso, mi guardo
intorno e vedo solo una debole luce verde, ma un pianto

prolungato mi fa alzare lo sguardo. Un animale enorme, forse
una balena, passa senza intoppi su di me attraverso l’acqua scura.

Nella terza scendo di giorno nella cappella di una chiesa e guardo
mio padre. Metto la mano sul suo petto. La morte lo rese resistente.

I becchini lo tirerano come fosse una trave
sbagliata, perché hanno dimenticato di mettergli il berretto.

Papino, dico, cercando di stabilire una connessione
con l’oggetto. Forse sono in un documentario

sulle immersioni. In realtà, ci sono quattro immagini.
Una donna, rimane immobile nell’acqua torbida e fissa

tra i rovi gli occhi di un coccodrillo.
Quando riemerge inizia a piangere e mi sveglia

il bimbo che mi vede ma mi sorride
solo dopo pochi secondi.

*


Diana-Geacăr-I

Diana Geacăr (1984) è scrittrice e traduttrice. Ha pubblicato i volumi di poesia  Ciao, io sono Diana e sono la tua compagna di stanza (Vinea Publishing, 2005, Premio nazionale di poesia Mihai Eminescu OPUS PRIMUM), La bellezza dell’uomo sposato (Vinea Publishing, 2009, Premio Marin Mincu),  Ma noi siamo gente comune  (Casa editrice Cartea Românească, 2017) e il volume di racconti Chi abita nel seminterrato (Casa editrice Parallela 45, 2018). Ha pubblicato poesie e racconti in riviste letterarie (Poesis International, Tempo, Literomania, Levure littéraire, Crevice, Subcapitol ecc) e nelle antologie (Esercizi di risolutezza.  L’antologia dei poeti vincitori del Premio Nazionale di Poesia Mihai Eminescu – OPUS PRIMUM 1999-2017, Casa editrice Max Blecher, 2017; Tu, prima di tutto. Un’antologia di poesia d’amore contemporanea, Casa editrice Parallela 45, 2017, coordinatore Cosmin Perta ecc). Nel 2009 ha partecipato alla terza edizione del workshop di traduzione di poesie Re:verse, organizzato a Szigliget, in Ungheria, da József Atilla Circle Letterary Association of Young Writers (JAK). Ha tradotto in inglese poesie per la rivista online Crevice e per l’antologia della poesia internazionale contemporanea Ritratti di confine / GrenzPortraits (Klak Verlag, Berlino, 2017, coordinatore Rodica Draghincescu), in cui è presente anche come autore, e, dall’inglese e  francese, libri di letteratura contemporanea.  Fa parte del team editoriale della rivista online di letteratura e multimedia Crevice. Vive a Târgovişte,  Romania.

*

Le poesie qui presentate sono tratte da ”Ma noi siamo gente comune” (titolo originale Dar noi suntem oameni obişnuiţi) edito da Cartea Românească, 2017.

Traduzione dall’originale romeno di Daniela Mărculeţ.

 

(Articolo a cura di Alba Gnazi)

 

LOST IN: POESIE DI DIANA GEACĂR TRADOTTE DA DANIELA MĂRCULEŢ

Lost in…: Gabriela Feceoru, poesie inedite tradotte da Daniela Mărculeţ

feceoru 1

 

tutta l’esperienza umana

ho sofferto come un dio che
non ha nulla da rimproverare a nessuno
come un dio ho espresso
segretamente un desiderio che

ho intenzione di soddisfare
ma ho il potere di esaudire
qualsiasi desiderio pregando a me e
salvando me stesso e
battezzo le mie mani con quali i peccati

si  fanno le mie mani con quali i peccati si
scrivono mi salvo dalla morte
sintetizzo la mia creazione come
i carrettieri dell’agricoltura perché loro
sanno bene cosa succede con la loro produzione

dipingo i miei capelli  in che colore
voglio il mio corpo lo guarisco
e lo faccio apparire stramitico mi
affeziono a chi desidero prendo
frustate in posti che mai
mostrerò a quelli che mi guardando in su
che a loro volta espongono i loro desideri
il mio desiderio è uno e lo dirò
nelle centinaia di pagine più
recenti dirò il mio desiderio  ripeterò

non perché qualcuno possa trovarlo
ma solo per me per aggiornarlo
ascoltandolo per me il desiderio
è più sacro della preghiera da lontano
santo perché è una chiamata ad approccio non è

un’esortazione a vanitose cose
nei pressi di fuorilegge sono vicino e
mi avvicino più forte forse sentirò che
è il momento ho il potere della decisione, io decido
quando è adempiuto ciò che è scritto e credo

che ciò che è scritto e la virgola tutto sarà fatto
sarà fatto con pause necessarie sta promesso
credo ed è fatto credo ed è fatto non pubblico più
niente non pubblico più nulla non pubblico più nulla
l’esposizione è una prova di vulnerabilità e
non sono più interessato a queste cose
rendo visibili le mie parole avvicino
le persone o sto portando via la gente niente
di quello che può esserci tra loro non mi interessa
hanno libero sfogo  ho libertà di azione  agiamo

separatamente non mi occupo dei loro affari
decido la mia nazionalità e il mio genere
mi definisco e cambio secondo me stesso
indosso il mio corpo e lo spoglio
soffro di un ordine assoluto

faccio un disordine assoluto lo stesso
ritengo opportuno a me sta anche
la forza di dichiarare anni morti per la pubblicazione

di qualsiasi tipo

feceoru4

*

 

i miei amici hanno detto che stavi tornando

setaccio umano intrufolando luce
calda
è vero che stai tornando in paese
dicono che ti stai trasferendo con il lavoro
il luccichio sulle unghie rimarrà
intatto fino alla festa

lo giuro il cuore è
soave e per esemplificare
ti sto mandando  link sinonimo / anonimo
oliato aggraziato bitorzoluto

stilla diavoletta
impedita nelle vertebre
del corpo orientale rinfrescandosi
l’anima che giace su un lato

lei, l’anima, non riceverà nulla
da ciò che altri danno fino alla brezza
adatta ai tuoi passi liguri
ossessionando la terra fermando
l’evo in cui ci lasceremo
assorbiti dalla paura del sonno
quasi sperduti come sono
i corvi vaganti fissati con

spilli vigorosi dai due
fili paralleli dalla mia finestra
che vedo ad ogni risveglio
su uno sfondo di cielo sempre mancante
di nubi atrofizzando la mia
sensazione di riconciliazione con
la mia nuova situazione e il mio desiderio
malato

assurda a volare di là
dove l’odio è sempre  più
grande per prendere la pistola raddrizzandola
verso di me dopo averti

detto la verità  che sì, guarda,
è così, ti terrei per mano
per poi sparare e constatare che
non ho munizioni nemmeno per morire

metto in ridicolo il neon tremolante
ci osserviamo come in una sequenza mediocre uomini/bestie ho l’intera collezione di problemi senza soluzioni esponevo per convalidare l’elenco dei piani e quando ho pulito il tavolo si scossero le confidenze sorrido piangente

feceoru2

 

 

*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il cielo è blu e
gli angeli ci sono dentro

non ho scelto il momento giusto

come allora nella nostra cucina
ma ho un po’ di coraggio
vengo con te sicuramente
se te ne vai di nuovo
vengo con te sicuramente

resta qui accanto a me
in li-li-lin-gua-gua rumena

*

feceoru 3

Ho scritto un monologo lirico sulla vita e sul potere, sulla delusione, sull’empatia e sulle aspettative basate sul pattern familiare. Nell’ abbondante contenuto, dibatto la questione del ghosting. Molto vibe e tanta energia. Le ripetizioni danno l’inganno dell’inventario a certe situazioni che mi hanno desertificato il sè. Parlo di nuovo positivo e di nuovo positivo significa il tuo diritto e il mio e il suo, il nostro diritto di allontanarci dal tossico e riguadagnare la nostra autonomia corporea. Più un capriccio, questa volta di più per me che per il mondo, più come naturalmente vado oltre le apparenze. Riuscire a ricreare liricamente la mappa delle strade di Budapest,  strade che ho attraversato, essere in grado di mettere tutto insieme per creare una storia molto intima è stata una sfida che ha rilasciato una fusione internazionale. Posso essere accusata di ingenuità e pateticismo, sincerità eccessiva e illimitato biographismo, ma non posso essere accusata di mancanza di tatto, ritmo e sensibilità. Ho anche pagato questa volta il tributo con la forza della lingua del paese da cui provengo. Auguro a tutte le donne abbandonate di avvalersi basato sulle loro esperienze e a ogni uomo lasciato di esprimere i suoi sentimenti senza la paura che i suoi sentimenti lo avrebbero delimitato dalla mascolinità.

(Nota dell’Autrice – traduzione di Daniela Mărculeţ)

*

Notizie biobibliografiche

Gabriela Feceoru (1993, Petrosani) si  è laureata presso la Facoltà di Scienze e Lettere dell’Università “Petru Maior” di Târgu-Mureş è ha ottenuto un master della stessa facoltà. Esordio editoriale con il volume Blister ( Cartea Româneasca, 2017). Collabora con riviste letterarie e piattaforme letterarie: “Letteratura Romania”, “Euforion”, “Discobolul”, “Stampa culturale”, “LitArt”, “Banquet” ecc.  Presente nell’antologia poetica “L’offensiva dei debuttanti”, pubblicata sulla rivista “Familia” n. 6/2016 e nell’antologia “#Rezist! Poesia “, coordinata da Cosmin Perta, lavora alla rivista” Vatra “come segretaria letteraria.

*

I testi sopra proposti sono tratti dal volume inedito di Gabriela Feceoru ”Parlo di nuovo positivo e di nuovo positivo”.

La traduzione dei testi è stata eseguita da Daniela Mărculeţ.
Altre sue proposte sono su Un Posto di vacanza: rispettivamente qui e qui.

Le immagini che accompagnano i testi sono di proprietà dell’Autrice.

 

Articolo a cura di Alba Gnazi

Lost in…: Gabriela Feceoru, poesie inedite tradotte da Daniela Mărculeţ

KOMMOS. Processione per isterectomia di Iuliana Lungu nella traduzione di Daniela Mărculeţ

lungu coprtina

 

de profundis

vediamo,
a cosa ti serve l’utero,

Donna?

(no, non è un esame
sul mio corpo,

l’anatomia della donna  È
metafisica)

cos’è la donna
senza organi genitali

cos’è?
Donna

senza utero non È?
luogo di mandato  trans-

generazionale
non è più

cos’è la donna
senza organi genitali,

posto per l’Uomo
no lo È?

ricevi vita in
prestito,
a cosa ti serve?

dimmi, donna!
a cosa ti serve l’utero?

dimmi, donna!
a cosa ti serve il sangue?

dimmi, donna!
non si tratta solo di procreazione?

NON È,

Il mandato è più una decifrazione.

*

nonimmacolato silenzio

 

dolcemente mi ha preso per mano,
con un tenero bacio
mi ha sussurrato:

vai piano,
qui si indossa il bianco.

nessun mortale può mantenere un segreto,

mi ha citato su Freud,
il senso del silenzio degli oggetti,
mentre svestiva un ecografo:

ti racconterò una storia,
qui si indossa il bianco.
se la sua bocca è sigillata, le dita parleranno.

 

mi ha detto di guardare
lo schermo
la risposta da parte tua:

non aver paura
qui scrive bianco su bianco:

il tradimento respira attraverso ogni poro.

*

nitrogenia  

 

nel blocco
operatore
la pittura del corpo
è in esecuzione

con betadine
al freddo.
Il medico
mi dice:

RilassaTi!
ripeti la formula
chimica,
per conforto

ripeta
dopo di me
donna,
(C6H9NO)n·xI:

ci sei
hacca
nove

a r i a   b r u c i a t a

 

(abbastanza inerte,
Lavoisier
lo ha chiamato
azoto,

senza vita.
i suoi composti erano
conosciuti
nel Medioevo.

 

Gli alchimisti
l’hanno chiamato
aqua fortis.
miscelavano

miscelavano
tutto
per
aqua regia.

per
aqua regia,
la dissoluzione
dell’oro)

Il Medico:

lascia la storia,
donna,
continua con
la formula chimica,

ripeta
solo
dopo
di me!

Donna:

ossigeno)ooo
xl
sette
volte

Il Medico:

schiena piegata,
mento in petto,
le braccia
insieme.

Il Coro:

come per la preghiera
come per la preghiera

metterli
tra le cosce,
morbido
come un panno.

L’Eco:

morbido come un panno
come un panno
un panno
panno

donna,diversamente

 

l’ago
non arriva
dove
occorre.

non sta tesa
il dipinto sulla schiena
viene indossato
con colori caldi

L’Eco:

con colori caldi
colori caldi
caldi.

Corifea:

avete dei figli?
È la migliore
cosa!

L’Uomo:

lo standard di vita
è dato da
tonnellate di

Il Coro:

acciaio sull’uomo
acciaio sull’uomo

La Folla:

quando ci rimprovererà
questa terra
torneremo
qui

Il Coro:

da un ospedale all’altro
da un ospedale all’altro
te lo dico
mia dolce
bambina,

ogni abbraccio
potrebbe essere l’ultimo

Il Coro:
senza betadine
senza betadine.

*

anesthesia
 

io vi addormento io vi sveglio
non definite voi cosa sia la morte.

noi non

stabiliamo la logica
la convenzione con

la vita
scorre.
io non
posso fermare
la dispersione
del sangue.

il momento in cui
so che non
è possibile
che l’uomo
torni indietro
intero.

io non.

il tunnel arancione
qualsiasi incontro con te.

Shakespeare,
nella sua genialità,
si domandava:

sono morte le persone
quando i loro capelli e le unghie
stanno crescendo
nelle loro tombe?

Einstein avrebbe detto:
Quando arriva
la stazione Clapham Junction
a questo treno?
i capelli e le unghie rimangono
invariati,
la pelle si ritrae
attorno a loro,
sarebbe l’ultima verità

riguardo
noi non.

ma i miei capelli
continuano a crescere.
la distanza tra

noi non.

possiamo tenere la coscienza
quando la nuvola  sta ghiacciando
il battito d’ali.

nu(b)i  mossi di
proteine,
questa energia.

iberniamo temporaneamente
alla caccia d’ali.

 

 

Testi tratti da ”KOMMOS. Processione per isterectomia” (originale: ”KOMMOS. Procesiune pentru histerectomie”), edito da FRACTALIA, di Iuliana Lungu 

 

lungu

Iuliana Lungu è psicoterapeuta dell’orientamento psicoanalitico. Ha pubblicato e tradotto saggi e articoli sulla psicoanalisi. Nel 2016 ha pubblicato per la prima volta poesie sul sito Qpoem, sulla rivista Familia, la rivista Vatra e Bottega Culturale (Prăvălia Culturală). Quest’anno, guidata dalla poetessa Medea Iancu in una residenza letteraria organizzata dalla casa editrice Cartea Românească, ha preparato il suo primo volume di poesie KOMMOS. Processione per isterectomia.

“Iuliana Lungu scrive sull’identità, sulla femminilità e l’accettazione / ridistribuzione del genere; le sue poesie sono un rituale di purificazione e libertà da pregiudizi, modelli, un rituale speciale che riguarda il sé e la verità. Le sue poesie parlano degli schemi che ci impongono la società, della vergogna, della colpa, della censura, ma soprattutto della colpa e della vergogna di essere una donna. ” Medeea Iancu

*

La traduzione proposta in questa sede è di Daniela Mărculeţ, che ha già curato per Un Posto di vacanza una trasposizione poetica dalla lingua romena, come è possibile leggere qui.  

Immagini inviate dalla Traduttrice.

Articolo a cura di Alba Gnazi

KOMMOS. Processione per isterectomia di Iuliana Lungu nella traduzione di Daniela Mărculeţ

Lost In: Daniela Hendea, poesie tradotte da Daniela Mărculeţ

Foto credit Daniela Hendea
(Photo credit: Daniela Hendea)

Trucco allo specchio in bagno

All’interno, ci siamo
separati.

Tu, sei entrato con la terapeuta
da una porta
che indicava il suo nome.

Io, sono entrata
accanto, dalla porta del bagno,
per applicare il fondotinta sulle ore
senza sonno che avvampavano
i miei zigomi.

Ho messo la crema
copriocchiaie sui polpastrelli
dell’indice e del medio,
con movimenti circolari
lucidavo
i pori aperti per la stanchezza.

All’applicazione del mascara
corse attraverso il muro
il tuo gemito
di disperazione, la frustrazione
dei palmi tagliando il tavolo,
l’agonia
per progredire nel nostro mondo
un po’ di più con ogni
seduta.

Ho tirato lo sciacquone a vuoto, sentivo
solo il fruscio del pennello
spolverando sul mento.

Ho applicato
matita per labbra con una mano,
che ho sostenuto con l’altro,
fermando il suo tremore,
per non sbagliare
il contorno.

*

Routine di ballo

Oggi mi eserciterò per conto mio. Configurerò
i movimenti che mi accompagneranno
da ora in poi la posa.

Sventolamento di dita davanti agli occhi.
Sgranocchiamento del polso destro.

Il giro attorno ad un pilastro
invisibile.

Da domani apriremo la strada insieme
tra la gente che fissa,
punta il dito.

Questa volta si limiteranno solo ad un sorriso,
capiranno discretamente, perché
non sei più solo, siamo
in due. Danzatori
nel campo elettromagnetico di un theremin,
addobbare l’andatura bipede con il volume
e la frequenza della sopravvivenza.

*

Foto Daniela Hendea
(Photo credit: Daniela Hendea)

 

Apocalisse

Gli schizzi densi hanno mitragliato
il tetto in lamiera per l’intera
notte.

Quando le nuvole si scontravano intravedevo
il tuo iride sotto l’assedio del delirio:
strillavi, rimbalzavi, applaudivi
quando il fulmine spezzava l’oscurità.

Il mattino dopo,
piegato sul barile da cui scorreva l’acqua piovana,
gettavi dentro, uno per uno,
tutte le figurine di plastica: il contadino, sua moglie,
il maiale, la mucca, il pollo, anche il tuo preferito,
il cavallo.

Le recinzioni di plastica rossa lucente galleggiavano nella deriva,
poi l’intero fienile, fuori dal quale
solo il tetto
bianco con piastrelle in rilievo,
era ancora visibile.

*

Strumenti

Tu, hai stretto la mano del dottore
nel gabinetto e poi nel corridoio.
Io, non ho condiviso il suo sorriso
studiato con il quale testava
i pazienti: – Notate? Non reagisce
alle emozioni.

Di ciò che il neurologo ci ha spiegato
che rappresentiamo per Mircea,
ho memorizzato
la parola

strumenti:

la macchina delle caramelle
senza moneta.

il bancomat
senza tesserina. Il sedile

imbottito con schienali.

Lo trascriveva
in termini di specialità
che giravano nelle sue pupille.

Siamo riusciti a reggere l’anima nella sala d’attesa,
dove una bambina lanciava cubetti
di materiale impermeabile sul vetro
turbato dal soffio biancastro
delle condutture.

Ti ho chiesto di tenere
i documenti piegati decine di volte
in cui
sono stati spiegati ampiamente i primi interventi
per i bambini in ritardo
di sviluppo.

Le pareti decorate con volti sorridenti
ci costringevano
come tra le membrane di una cervice/
nel collasso.

All’uscita dall’ospedale
il vento di marzo ci schiaffeggiava
deportando
l’odore della sterilizzazione dai passaggi nasali.

Adattavamo i nostri passi
istintivamente, due
pali
che ancoravano Mircea con le braccia,
lo portavano con piccole oscillazioni
alla stazione vicino al cancello nord dell’ospedale
dove siamo saliti
sul primo tram per
casa.

*

Daniela Hendea, dal volume in preparazione Accordatore di theremin.

Traduzione di Daniela Mărculeţ.

bty
(Photo credit: Daniela Hendea)

Note biografiche dell’Autrice

Daniela Hendea è nata a Zalau, Romania; si è laureata presso la Facoltà di Ingegneria Chimica dell’Università Tecnica “Gh. Asachi ” Iasi, con studi post-laurea presso l’Università di Stoccarda, Germania e Università del  Kansas, Stati Uniti.

Dopo anni di preoccupazioni scientifiche, Daniela Hendea è tornata alla poesia desiderando documentare nei testi l’esperienza pubblica e privata dell’autismo del suo figlio, uno dei protagonisti del volume di debutto in preparazione della casa editrice Fractalia, Bucarest.

Durante la sua residenza poetica sulla piattaforma Qpoem ha iniziato a pubblicare nella rivista di cultura Familia, poi ha continuato con poesie e traduzioni sulle riviste Apostrof, Pravalia culturala, Caiete Silvane, Alchemia. Dal gennaio 2018 fa parte dalla redazione della rivista Pravalia culturala.

Attualmente vive in Texas.

***

 

Note biografiche della Traduttrice

Daniela Mărculeţ ha un master in comunicazione e un lavoro nel dipartimento export-import di un’azienda italiana in Romania.

dana cora
(Photo credit: Daniela Marculet)

Ha vissuto dieci anni in Italia,

a Bergamo; è stata pubblicata in varie antologie di poesia italiana contemporanea:

“Il segreto delle fragole 2011- poetico diario”, Casa editrice LietoColle, “La donna – inno contemporaneo alla poesia”, Casa editrice Poesia è Rivoluzione “, e in quasi tutte le antologie pubblicate dall’Associazione Culturale Club Poetico, Casa editrice Autorinediti. Ha vinto il secondo posto nel concorso di poesia ”Parole dettate dal cuore”, Roma 2017, con la poesia “Parole d(g)ettate”. Fa parte del cenacolo letterario Qpoem. Collabora con la Casa Editrice RPlibri di Benevento, Italia, con la rivista di letteratura Pravalia culturala, traduce per la rivista “Poesis International“.

 

 

Lost In: Daniela Hendea, poesie tradotte da Daniela Mărculeţ

Paul Celan, Lob der Ferne / Lode della distanza

Paul Celan
Paul Celan*

 

Nella fonte dei tuoi occhi
vivono le reti dei pescatori del mar matto.
Nella fonte dei tuoi occhi
il mare mantiene la sua promessa.

Qui getto,
cuore che è stato tra uomini,
i miei vestiti e lo splendore di un giuramento:

più nero nel nero, sono più nudo;
solo da apostata sono fedele;
sono te quando sono io.

Nella fonte dei tuoi occhi
vado a deriva e sogno rapimenti.

Una rete catturò una rete –
ci separiamo avvinti.

Nella fonte dei tuoi occhi
un impiccato strozza il cappio.

 

***

Lob der Ferne

Im Quell deiner Augen
leben die Garne der Fischer der Irrsee.
Im Quell deiner Augen
hält das Meer sein Versprechen.

Hier werf ich,
ein Herz, das gewilt unter Menschen,
die Kleider von mir und den Glanz eines Schwures:

schwärzer im Schwarz, bin ich nackter;
abtrünnig erst bin ich treu;
ich bin du, wenn ich bin.

Im Quell deiner Augen
treib ich und träume von Raub.

Ein Garn finge in Garn ein –
wir scheiden umschlungen.

Im Quell deiner Augen
erwürgt ein Gehenkter den Strang.

 

Traduzione di Dario Borso.

 

Il testo qui presentato è tratto da Paul Celan, La sabbia delle urne, a cura di Dario Borso; G.Einaudi Editore 2016

LA_SABBIA

*Immagine in alto: Romanian Cultural Institute London, website: jacket2.org

 

Articolo a cura di Alba Gnazi.

 

Paul Celan, Lob der Ferne / Lode della distanza

Gertrud Kolmar #1

Gertrud Kolmar

 

La poetessa

 

Tu mi tieni completamente fra le mani.

Il mio cuore batte come quello di un piccolo uccello
dentro al tuo pugno. Tu che mi leggi, fai attenzione;
ecco, vedi, stai sfogliando un essere umano.
Ma per te altro non è che una creatura di cartone,

di fogli di giornale e di colla, e allora se ne sta muta
e non giunge a colpirti con il suo grande sguardo,
che cercando osserva dai neri segni,
ed è una cosa ed ha un destino di cosa.

Eppure lei come una sposa il velo aveva indossato,
e di gioielli si era adornata, così che tu la potessi amare,
e timida prega che tu, per una volta soltanto, dalla mente
scacci la tua imperturbabilità e l’abitudine indolente,

e trema e sa e fra sé e sé sussurra:
«Non accadrà ». E sorridendo ti fa un cenno con il capo.
Chi, se non una donna, dovrebbe sperare?
Tutto il suo agire è un unico «Tu…».

Con fiori neri, con le sopracciglia dipinte,
con collane d’argento, con sete, d’azzurro è stellata.
Quand’era una bambina sapeva tante cose più belle,
ed ora le parole più belle le ha disimparate. –

L’uomo è molto più intelligente di quanto lo siamo noi.
Durante i suoi discorsi conversa
della morte e della primavera, della ferriera e del tempo;
io dico: «Tu…» e sempre «Tu ed io».

E questo libro è la veste di una fanciulla,
che può essere preziosa e rossa, e miseramente sbiadita,
e sempre e soltanto dal tocco delle dita amate
vorrà essere sgualcita, sporcata, macchiata.

E allora io resto qui a mostrar quel che mi è successo;
quel che una forte lisciva ha scolorito,
ma che nel risciacquo, poi, non ha potuto del tutto lavar via.
Allora io ti invoco. È fievole e delicato il mio grido.

Tu odi ciò che dice. Ma percepisci anche quello che sente?

 

La poetessa [Die Dichterin] è tratta dal “Primo spazio”  (“Erster Raum”) del ciclo Ritratto di donna (Weibliches Bildnis) e ora in Metamorfosi e altre liriche, Cura e traduzione di Stefania Stefani,  Edizioni Via del Vento, 2008.

 

[…] Il principale personaggio di questi mondi è lo stesso io autobiografico: […] ne La poetessa esso si metamorfosa in «creatura fatta di cartone», allegoria di tutta la sua scrittura.
Ma quegli o-scuri occhi senza sorriso della foto di lei anelano sempre a quel tu, che è il leitmotiv della sua poesia, e che s’identifica nelle figure del non-figlio, dell’amato-amante: sono la ricerca e il bisogno costanti di un contatto, che si consuma nell’attimo del suo compiersi, esaurendosi in puro vagheggiamento, in sogno incompiuto. […]
(Stefania Stefani, «E forgio comete con code di fiamme». Le metamorfosi visionarie di Gertrud Kolmar. )

 

 

metamorfosi3

 

(articolo a cura di Patrizia Sardisco)

(foto: fonte web)

Gertrud Kolmar #1

Dialetti #1: Pierluigi Cappello

pierluigi_cappello 1_.jpg

 

 

Cence di te, cun te
un pas indaûr, un pas indenant
slungjant la man
cu la fuarce del ramaç tal penç dal cîl
cul viaç dai vôi tal mont
a planc a planc si cjatarìn ‘ne gnot,
cjalant di nô ce ch’a nol reste,
intun trimul lusî di lune, di fûr, tal cûr
dentri la lûs.

 

Senza di te, con te un passo indietro, un passo avanti allungando la mano con la forza del ramo dove si raddensa il cielo con il viaggio degli occhi nel mondo a poco a poco ci troveremo una notte, guardando di noi ciò che non resta, dentro un vago splendore di luna, là fuori, nel  cuore dentro la luce.

 

(da I vostri nomi, in Azzurro elementare, poesie 1992 – 2010, Bur 2016, Milano)

 

azzurro elementare.png

 

 

(articolo a cura di Patrizia Sardisco)

 

foto: fonte web

Dialetti #1: Pierluigi Cappello

Lost in: Sylvia Plath, Words – Traduzione di Alba Gnazi

WORDS

Axes
After whose stroke the wood rings,
And the echoes!
Echoes traveling
Off from the center like horses.

The sap
Wells like tears, like the
Water striving
To re-establish its mirror
Over the rock

That drops and turns,
A white skull,
Eaten by weedy greens.
Years later I
Encounter them on the road –

Words dry and riderless,
The indefatigable hoof-taps,
While
From the bottom of the pool, fixed stars
Govern a life.

PAROLE

Asce
Sotto il cui colpo il legno risuona,
E gli echi!
Gli echi corrono
Via dal centro come cavalli.

La linfa
Trabocca come lacrime, come
L’acqua che si sforza
Di ristabilire il suo specchio
Sopra la roccia

Che sgoccia e svolta,
Un teschio bianco
Eroso da verdi erbacei.
Anni dopo
Le incontro per via –

Parole rinsecchite senza cavaliere,
Frenetico battito di zoccoli
Mentre
Dal fondo della pozza stelle fisse
Governano una vita.

 

sylvia plath

Sylvia Plath, nata a Boston il 27 ottobre 1932, morta a Londra l’11 febbraio 1963.

Mentre era ancora in vita diede alle stampe due raccolte, The Colossus and Other Poems (1960) e The Bell Jar (1963), uscito con lo pseudonimo di Victoria Lucas. Le raccolte successive sono tutte postume, curate da Ted Hughes, poeta e marito della Plath, dal quale, nonostante i burrascosi rapporti e la separazione, Sylvia non aveva divorziato.

Words è contenuta in Ariel, la prima delle raccolte postume, edita nel 1965 da Faber di Londra.

In Italia le poesie di Sylvia Plath sono state pubblicate da Mondadori in edizioni varie.

 

Articolo a cura di Alba Gnazi

Lost in: Sylvia Plath, Words – Traduzione di Alba Gnazi

Lost in: Antonia Pozzi, Pace

tlslenarduzzi
Antonia Pozzi

 

Pace

ad A.M.C.

 

Ascolta:

come sono vicine le campane!

Vedi: i pioppi, nel viale, si protendono

per abbracciarne il suono. Ogni rintocco

è una carezza fonda, un vellutato

manto di pace, sceso dalla notte

ad avvolger la casa e la mia vita.

Ogni cosa, d’intorno, è grande e ombrosa

come tutti i ricordi dell’infanzia.

Dammi la mano: so quanto ha doluto,

sotto i miei baci, la tua mano. Dammela.

Questa sera non m’ardono le labbra.

Camminiamo così: la strada è lunga.

Leggo per un gran tratto nel futuro

come sul foglio che mi sta dinnanzi:

poi, la visione cade bruscamente

nel buio dell’ignoto, come questa

pagina bianca, che si rompe, netta,

sul panno scuro della scrivania.

Ma vieni: camminiamo: anche l’ignoto

non mi spaventa, se ti son vicina.

Tu mi fai buona e bianca come un bimbo

che dice le preghiere e s’addormenta.

 

Peace

for A.M.C.

 

Listen:

how close those bells are!

Look: the poplars, along the avenue, tend

their arms to embrace the sound. Each ring

is a deep caress, a velvety

shawl of peace, descended from the night

to envelop my home and my life.

Every thing, all around, is large and indistinct

like all the memories of my youth.

Give me your hand: I know how much it hurt,

under my kisses, your hand. Give it to me.

This evening my lips are not alight.

Let’s walk, thus: the road is long.

I read for some time into the future

like I would on this paper before me:

then, the image falls away brusquely

into the shadows of the unknown, like this

blank page, which tears, cleanly,

on the dark surface of the desk.

But come, let’s walk: even the unknown

doesn’t scare me, if I am near you.

You make me good and white like a child

who says her prayers and then falls asleep.

 

 

 

 

Antonia Pozzi, ”Pace”, tratta da Parole (1939, postumo).

 

Traduzione di Matilda Colarossi.

 

(Articolo a cura di Alba Gnazi)

Lost in: Antonia Pozzi, Pace