Antonino Caponnetto, poesie da ”Il sogno necessario”

Il sogno necessario

 

PRIMO RICORDO: IL CHIARO BLU DEL CIELO.
Poi tanti volti dallo sguardo amico,
volti neri di sole, sorridono al bambino.

Infanzia e giovinezza, eterno tempo
della mia terra antica e d’una estate
enorme a quell’età, senza confini.

Nell’aranceto le lucenti foglie
verdi sfioravo appena con le dita.
Porto in me quell’estate
chiusa nella mia vita.

Altre estati, altri luoghi, e le battaglie
per sapere me stesso in mezzo ad altri.
Ma in quell’eterna estate
è il mio stare nel mondo.

Nei colori del mare, fondo abisso che ingoia
come un orco famelico i corpi dei fuggiti,
nei colori del cielo è quell’estate,

eterna come è solo la pace
per l’anima di chi per acqua muore.
Nella luce che acceca
la pupilla dei vivi.

***

 

SE DOVESSI PARTIRMENE DOMANI
vorrei tu non piangessi troppo a lungo
ma che in te mi serbassi nel ricordo
ridente d’una vita lunga un giorno
un lunghissimo giorno luminoso

***

 

NEI COLORI D’UN MONDO CIRCOSCRITTO
inattesa bellezza ci colpisce,
mutevole stupore d’un paesaggio
minimo, incide come un lampo il cuore
e vivrà in noi finché saremo vivi.

Vedette insonni, alcuni fra gli umani,
allibiscono d’un felice istante
insieme ad altri, i camminatori eterni,
cercatori del bello il giusto il buono,
che sorridendo in sé, fra poco andranno.

La meta loro è la periferia
del mondo, focolaio
di guerre e malattie, di caccia all’uomo,
di stermini invisibili e sottili,
avamposto a difesa d’ogni persecuzione.

Madrepatria degli ultimi,
riparo agli esiliati,
centro d’ogni travaglio singolo e collettivo.
Vedette e camminanti sono artisti e poeti.
Ovunque stiano insieme, il mondo canta e muta.

***

 

L’ALTRO CHE VIVE IN ME, UNA VOLTA ANCORA
è preda di un dolore pretestuoso
e ne approfitta per colpire basso.
Gli sfuggirò cercando vie traverse,
le sole che conosco, per cui amo.

Ma, cari amici miei, non c’è al momento
che un po’ di me per tutti quanti voi.
Quello che vado meditando adesso
è confuso nel fumo nauseabondo
di tante lunghe sigarette inglesi.

Certe felicità che non conosco,
e che al futuro vanno coniugate,
dai fondi di caffè di tanto in tanto
provo a vaticinare, ma ogni volta
quello che vedo già vive nell’Altro.

Stipulare un accordo, essere Uno?
È necessario a entrambi, o moriremo.

***

 

CON ME TI PORTO AMORE COME UN TEMPO
quando nel caos di enormi
fiumi di gente eternamente in fuga
ti nascondevo agli indiscreti sguardi
dei delatori con il mio cappotto.

 

Ho baciato la terra su cui insieme
siamo sbarcati amore come tutti
gli scampati alla morte
come chi sa per certo che il naufragio
cambia la poca vita che ci resta.

 

Arderà in qualche cuore
oltre noi stessi sempre nuovo il fuoco
e tu vivrai amore in tutti quelli
che senza avere patria né bandiera
ai demoni del nulla dicono: voi non siete!

 

***

Scrivo e mi chiedo può la litania
di questa irrilevante poesia
sollecitare la coscienza umana
a venirsene fuori dalla tana?

Certo che no mi dico e tuttavia
compongo versi in prolungata algia
poi vado fuori ma non c’è nessuno
nelle piazze né plebe né tribuno

*

Post-it all’Autore:

Come già ti ho scritto altrove, carissimo Caponnetto, avevo letto questo tuo nuovo lavoro la scorsa estate: non ti dissi alcunché, allora, perché ho avuto bisogno di un tempo gestativo che mi consentisse di prenderne le giuste vicinanze riconoscendolo differente e altro rispetto alle tue precedenti produzioni.

Un libro complesso, ricco; corposo quanto basta per non essere ”passatempo”, per non essere ”cura” (così intendo le mie letture) di un pomeriggio. La mia voracità poetica ha dovuto pazientare, sorbire pian piano: e, ancor di più, c’è stata per me la necessità di una seconda e più ferma lettura.

Sono dunque tornata al Sogno necessario in tempi recenti e, con una diversa predisposizione e confidenza, mi sono introdotta in questo fiume: di poesie, considerazioni, aneliti, corpi, barche e derive; dell’uomo scrivente senziente e partecipativo di dimensioni humanae e poetiche non soggette a percorsi stabiliti, caratterizzati da improvvise battute d’arresto. Se in Agonie della luce*, il tuo precedente lavoro editoriale, ho ritrovato il Poeta che malinconia e ironia impasta in una tenuta serratissima di sentimento e verso, qui è rabbia che emerge, spesso striata di impotenza, di sarcasmo.  Testi stesi in prima persona: non aderenti a una pervasività di senso umano/umanitario, né a una mera quanto volatile immedesimazione in sorti talora sfortunate e tragiche: è il vivere, l’essere, il consegnarsi a una umanità (sulla scorta del terenziano humani nihil a me alienum) che fa di tutti gli uomini un corpo solo, consustanziato, la cui unica risorsa è, a conti fatti, la comunanza, la vicinanza: finalmente, la speranza di coabitare spazi geograficamente, socialmente, culturalmente non compromessi da meccanismi aventi vertici prestabiliti, che soffocano e reprimono. Poesia civile? Sì, anche, premettendo che nella mia personale interpretazione tutta la poesia è civile, dell’uomo – cittadino (civisdel mondo nel suo tempo, del proprio essere e riflettersi in tale tempo; dell’uomo inscindibile dallo spazio che lo ospita assieme ad altri uomini nel tessuto intricatissimo di relazioni sociali storiche ecologiche linguistiche politiche; poesia fondata sull’umano in ogni accezione di senso e significato. E poi la Parola: che non vuole guardiani (lo scrivi a chiare lettere, lo annunci: ed è premessa, viatico, punto d’arrivo), che sedimenta dove più a fondo costruiamo appartenenze, che guadagna robustezza alle percezioni, nominandole. La Parola, il Verbum, primo sogno necessario, primo uscire del Sé all’Altro da sé; primo riconoscimento, primo rischio: proprio in virtù dell’andare incontro all’incognita costituita dall’altro-da-me, e quindi prima speranza che quell’atto sappia dirimere la più antica delle solitudini.  Così, leggendo senza aspettative, ovvero leggendo come ogni volta dovrei e non sempre faccio, caro Poeta, capisco cosa sta succedendo in questo tuo libro: in un processo di costante, inarrestabile divenire (le tue Forme del mutamento**… ancora), accordi e raccordi un certo essere in poesia in un fluire armonico di forme e tempi non scadenzati né scadenzabili, dando adito e agio a spunti e considerazioni che, lungi dal lambire i più scontati luoghi comuni, affrontano con pertinacia temi che si rinnovano in ogni attualità con esiti felici che inevitabilmente, coerentemente, richiedono Libertà. Niente guardiani, dunque: Poesia-Lingua-Uomo-Parola-Spazio: un Unus tanto forte quanto inscindibile e necessario.

A.G.

 

*Agonie della luce edito dall’Associazione Culturale Pellicano (Roma, 2015)

** Forme del mutamento edito da Campanotto (Udine 1998)

Antonino Caponnetto
Antonino Caponnetto

Le poesie sopra riportate sono tratte da Il sogno necessarioNiente guardiani, prego alla parola; poesie con testo inglese a fronte, traduzione di Alessandra Bava; Associazione Culturale Pellicano (Roma 2017)

 

(A cura di Alba Gnazi)

Antonino Caponnetto, poesie da ”Il sogno necessario”

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