Carlo Tosetti: poesie inedite

IMG_20171022_143827.jpg

 

*
Spinoza

Quando morì Spinoza,
e codesto cianciare
sussurrato a mente,
neppure si sottrae
all’intelletto vivo,
(nessuno lo smentì
e quindi resta fermo
il suo convincimento)
il medico d’Olanda
s’intascò un ducatone,
spiccioli e un coltello
dal manico d’argento.

Lui, si riferisce,
ammannì la fine
ai padroni di casa,
loro disponendo
che alcuno pastore
lo cogliesse sopito,
e forse gli fu l’oppio
migliore delle preci,
mancate alle morti
precedenti che l’uomo
incontrò numerose,
prima d’esser salma.

 

*
Nei giardini

A goder le passeggiate,
nei viali ombrati a rezzo,
del parco Buttes-Chaumont,
o a costa, nel Lucò, della fontana,
(oziose l’ore, strascinate),
s’arguisce del pennello,
il fu leggiadro di Rohmer,
che vi pinse gli acquerelli
della lieve nouvelle vague.

Nel lago sormontato
dal Tempio d’Alphand
– di prassi un pescatore
è umbratile nell’ansa
e l’anatre frantuma
l’olmo e la shopora –
si specchia la Sibilla
grazie a saggia dinamite,
all’uso di Haussmann.

Alla vasca dei Medici,
(Aci è nell’edicola
cui la firma appose Ottin),
ai platani rinfresca
l’ardente voluttà;
perpetuo pastore
scolpito nel nicchione
prima di, fonte,
l’infondersi a mare.

 

Lucò: licenza (I giardini del Lussemburgo – jardinduLuxembourg – sono familiarmente chiamati “Luco”)

 

*
Due cimiteri militari

I.
Si apre sconfinata,
dei gusci la distesa
di bivalvi scardinati:
il caos, le cappelunghe,
alcune le inquadra
in laconiche righe,
l’omaggio minerale
al cimitero americano.

L’altre che i gorghi
dell’onde l’incrocia,
infinite, frantumate,
creano giustapposte
orazioni del mare,
a mezzo miglio dalla costa
risucchiato per prodigio
e planetaria congiuntura.

II.
Dalle falesie cui piovve
addosso l’inferno probo,
(un poco la bruma dirada),
avvistarono più navi
nella flotta, della conta
di due intere divisioni.
Oggi sono scure croci,
li confina l’autostrada.

Smunti e giovani fanti,
le divise larghe, buffi,
nei giorni di routine,
latte si compravano
al villaggio fra i sorrisi;
burlavano le donne
di bottega quei pischelli,
gl’invasori di Colleville.

 

*
Al Glicine

Figuro tutti bambini,
nella bolla d’inerte
presente dove attorno
procombe ed insorge
nuovamente ogni cosa,
ma sempre indifferenti,
a sfiatare noi s’andava
su per la china, al Glicine fino,
ansando per succhiare
l’ambito ghiacciolo.
A lasciare che affacci l’idea
(di sotto romba la Bova)
che poco ne abbasti
e ci soffochi un rivo,
s’opponeva il tritone,
che viscido sguscia
dalla mano nell’acqua
e poi, fluttuando, si posa.

 

*
Autunno lecchese

La mia casa è umida;
poco è chiaro perché
l’acqua non leghi alle stagioni,
onora nessun rito
rugiade e galaverne,
nei borghi che siamo,
paeselli coricati, brevi,
luoghi, lungo il fiume,
minori manzoniani.

I batraci che cantano
alla pozza d’estate,
si credevano impasto
di forma e di fanghi
e d’altri sedimenti
dei frequentissimi avi,
morire per cui, soltanto
risponde all’affondare,
il quiescere nel freddo
si distingue dal risveglio.

Il salce gigantesco,
– all’occhio tuo digiuno,
agguaglia l’eucalipto –
oltre lo stagno è nudo
e troppo dista il fiume;
ripiegò assetato il seme
piuttosto ai fontanili.
Febbrifugo, le polveri
bevo io, ch’entrambi siamo
ai mali dell’umido inclini.

 

 

Carlo Tosetti (Milano, 1969), vive a Brivio (LC).
Ha pubblicato le raccolte: Le stelle intorno ad Halley (LibroItaliano, 2000), MusNorvegicus (Aletti, 2004), Wunderkammer (Pietre Vive, 2016).
Suoi scritti e recensioni sono presenti su:
Nazione Indiana, Poetarum Silva, Larosainpiu, Paroledichina, Words Social Forum, Versante Ripido, elvioceci.net, Il Convivio, Lankenauta, Interno Poesia, http://www.giovannicecchinato.it, Poesiaultracontemporanea; Atelier.
È stato ospite della trasmissione Percorsi PerVersi, in onda sulle frequenze di Radio Popolare, il 30/01/2017.
Collabora con Poetarum Silva.

(articolo a cura di Patrizia Sardisco)

 

Carlo Tosetti: poesie inedite

4 pensieri su “Carlo Tosetti: poesie inedite

  1. paolo polvani ha detto:

    C’è un piccolo illuminante brano tratto da Il fuoco e il racconto, di Giorgio Agamben, che mi è particolarmente caro, perché illumina sulla differenza tra chi è scrittore e chi soltanto aspirante, o facitore di versi, o esternatore di sensazioni, ed è questa: Scrivere significa contemplare la lingua, e chi non vede e ama la sua lingua, chi non sa compitarne la tenue elegia né percepirne l’inno sommesso, non è uno scrittore.- Ora leggendo questi versi di Carlo, mi viene in mente la tenue elegia e l’inno sommesso, avverto quasi fisicamente la cura nella scelta di ogni singola parola e la misura, il misurarne il peso specifico nell’accostarla alla successiva, e vi scorgo una consapevolezza preziosa e illuminante; non è una poesia orecchiabile ma una poesia preziosa, e trovo bellissima soprattutto questa sequenza:
    Il salce gigantesco,
    – all’occhio tuo digiuno,
    agguaglia l’eucalipto –
    oltre lo stagno è nudo
    e troppo dista il fiume;
    ripiegò assetato il seme
    piuttosto ai fontanili.
    Febbrifugo, le polveri
    bevo io, ch’entrambi siamo
    ai mali dell’umido inclini.

    ma confesso che tutte sono impreziosite da un’estrema scelta lessicale e da un avveduto e accorto uso del suono, e si, siamo in presenza di uno scrittore, di un poeta

    Piace a 1 persona

Lascia un commento