Alba
Ormai fa giorno. Non basta
sedere gravemente sulla sedia di paglia
vestito di canna e di sangue
ascoltando le ingiurie dei soldati, ospitando nel fianco
l’orma sintetica della lancia. Perché sia giorno bisogna
avere gli occhi lontani dalla guancia,
l’unghia sparsa dal dito,
una mano di calce sopra il cuore.
(da Gesta Romanorum, 1951-1954)
***
I manifesti
Chissà dov’ero, dove m’ero ficcato quando
le tue gambe hanno invaso la città.
Forse non guardo i manifesti.
Adesso paziente, maniaco ti do la caccia
di stazione in stazione
borbottando preghiere. Quello che non sei tu
esce dal fuoco o indietreggia se le tue
magre, livide dita si vede che una calza
tendono con increscioso pudore.
(L’intoppo, in Cadenza d’inganno, 1957-1974)
***
Le volte che è con furia
che nel tuo ventre cerco la mia gioia
è perché, amore, so che più di tanto
non avrà tempo il tempo
di scorrere equamente per noi due
e che solo in un sogno o dalla corsa
del tempo buttandomi giù prima
posso fare che un giorno tu non voglia
da un altro amore credere l’amore.
*
Il cuore che non dorme
dice al cuore che dorme: Abbi paura.
Ma io non sono il mio cuore, non ascolto
né do la sorte, so bene che mancarti,
non perderti, era l’ultima sventura.
*
Solo questo domando: esserti sempre,
per quanto tu mi sei cara, leggero.
*
Ti giri nel sonno, in un sogno, a poca luce.
(da Canzonette mortali, 1983)
***
Ombra ferita, anima che vieni
zoppicando, strisciando dal tuo fioco
asilo a cercare nei sogni il poco
che rosicchio per te all’andirivieni
dei risvegli e degli incubi, agli osceni
cortei delle sciarade, così poco
che qualche volta quando arrivi il fuoco
è già spento, divelte le imposte, pieni
di insulsi intrusi o infidi replicanti
l’immensità della cucina, il banco
di scuola, il letto, dammi tempo, non
svanire, il tempo di chiudere i tanti
conti vergognosi in sospeso con
loro prima di stendermi al tuo fianco.
***
Essere … essere, sì, intimi, nel cuore,
nel midollo, con chi è noi, con chi
d’altro noi siamo – forse è tutto qui
il segreto, è così che si fa onore
alla vita se è solo per ardore
che le duecentosei ossa non si
dissaldano innanzi tempo, se è di
estraneità alla vita che si muore,
con minima pena, come lasciamo
una casa senza fuoco. E forse, ossa
dimenticate, una provvida mente
ci penserà, due amanti!, e nuovamente
vivi traslocheremo nella fossa
all’apparirci, all’essere che siamo.
(da Ogni terzo pensiero, 1989-1993)
***
Così a volte succede che nel buio
si insanguini un volto, una mano
ci implori – così c’è
chi ignora e chi invece ha nel cuore
la comunione dei vivi e dei morti.
***
Mi sono distratto – oh, per poco, appena
quaranta, cinquant’anni – e mi ritrovo
di colpo, gli occhi abbarbagliati, in piena
vecchiaia, mia e del mondo. Niente è nuovo,
ora che le vivo, più delle cose
che ho vissuto aspettandole, aspettando
la vita, più delle, ma sì! famose
rose che ho colto come in trance, macchiandomi,
spesso e volentieri, di sangue … Eppure
c’ero anch’io quella volta, era il mio cuore,
erano i miei nervi, le mie giunture
a tremare di gioia e di terrore
per la tua venuta, sono sicuro
d’esserci già stato – o era già il futuro?
***
Svegliami, ti prego, succede ancora
d’implorare in un sogno a questa tenera
età, aiutami, fa’ che non sia vera
l’oscena materia del buio, sfiora
allora davvero una mano il mio
corpo assiderato e di colpo so
d’averti chiamata e che non saprò
più niente.
(da Quare tristis)
***
E per tutto il resto, per quello
che in tutto questo tempo
ho sprecato e frainteso, per l’amore
preso e non dato, avuto e non ridato
nella mia ingloriosa carriera
di marito, di padre e di fratello
ci sarà giustizia, là, un altro appello?
Niente più primavera,
mi viene da pensare, se allo sperpero
non ci fosse rimedio, se morire
fosse dolce soltanto per chi muore.
(da Barlumi di storia, 1988-91)
***
Scolpite nella pietra o impresse a fuoco
su pareti d’acciaio,
tracciate con il minio o con il sangue,
tatuate sulla pelle o nel cuore
lettera dopo lettera
sillaba dopo sillaba
le parole sbiadiscono, svaniscono,
perdono senso e suono
secolo dopo secolo
ritornano tutte a ritroso
a inesistere insieme
dov’erano in principio, nella mente
di chi non scrive – tutte tranne quelle
scritte sull’acqua
(da Sull’acqua)
***
Fra l’età in cui si muore
giovani eroicamente
e l’altra, quella in cui la morte è
l’infinito splendore
del poco, la gloria del niente,
spolparsi da sé della vita, piano, una mattina
dopo l’altra di sole
c’è questa in cui si muore,
si muore e basta, senza scandalo, da vivi…
(da Poesie disperse e d’occasione, 1949-2003)
***
Tempus tacendi
Nessuno, credo, potrebbe seriamente mettere in dubbio l’importanza – l’importanza decisiva rispetto all’intero – delle ultime pagine di un romanzo, delle ultime battute di una sinfonia, degli ultimi minuti di una partita di calcio.
Tempus tacendi — una fitta quasi insostenibile di felicità al pensiero che un giorno o l’altro potrei davvero leggere Dickens e Tolstoj, andare al cinema di pomeriggio, ascoltare i quartetti di Beethoven e i Lieder di Schubert senza doverne rendere conto a nessuno.
Pensare all’anima – non per salvarla: per goderne.
E’ impossibile guardare il tempo senza vedere la morte, così come è impossibile guardare il mare senza vedere l’orizzonte. Uno, per non vederla, dovrebbe passare tutta la vita di profilo come l’one eyed jack, il povero fante monocolo delle carte da gioco. E il bello è che anche la morte, come l’orizzonte, è sempre alla stessa distanza.
(…)
(Due prose)
***
Tutti i testi qui presentati sono tratti da Giovanni Raboni, Tutte le poesie (1949-2004), a cura di Rodolfo Zucco; Giulio Einaudi Editore 2014.
(Articolo a cura di Alba Gnazi)
L’ha ribloggato su SESTOSENSOPOESIA feliceserino's blog.
"Mi piace""Mi piace"
[…] via Giovanni Raboni, Poesie scelte […]
"Mi piace"Piace a 1 persona